Al termine spirito vengono dati diversi significati. Qui noi lo intendiamo come l’essenza di noi stessi, il nostro vero essere che si trova nel cuore. Ovvero è la scintilla di vita che ci permette di distinguerci da un essere inanimato, un automa. Lo chiamiamo anche Sé o Atma (in sanscrito).
Esiste anche un altro termine, anima, che viene spesso usato al posto di spirito; la differenza fra questi due aspetti l’abbiamo già vista in un precedente articolo: Differenza fra Spirito e Anima.
Detto questo, uno si potrebbe chiedere: ma che vuol dire essere lo Spirito? Lo affermiamo con molta disinvoltura nell’esperienza della Realizzazione del Sé, “Io sono lo Spirito”, ma cosa significa in effetti?
A questa domanda è possibile rispondere con la testimonianza della propria esperienza, non esiste una teoria al riguardo, proprio nello stesso modo in cui non è possibile comprendere il valore dei principi morali se non sono stati vissuti. Per cui riporterò la mia esperienza al riguardo.
È difficile trovare le parole per descrivere qualcosa che nella “vita quotidiana” potrebbe sembrare non avere equivalenti; eppure l’esperienza della manifestazione dello Spirito è più vicina alla nostra quotidianità di quanto immaginiamo. Quest’idea della spiritualità come esperienza “trascendentale”, “paranormale”, ecc. è altamente fuorviante.
Quando si è lo Spirito, si è ASSOLUTAMENTE NORMALI; anzi è proprio quando si è lo Spirito che si è veramente normali. Quando non è il nostro Spirito a guidarci, lo sono l’ego e i condizionamenti (vedi Agnya chakra) che ci danno una visione “filtrata”, o meglio “alterata”, della realtà.
Lo Spirito è la nostra vera essenza e può essere risvegliato grazie alla Kundalini (clicca qui se non hai sperimentato il risveglio della Kundalini). Proprio come la Kundalini si manifesta come una sensazione di fresco che emana dal cuore; ma a differenza della Kundalini che, quando incontra i chakra, lavora su di essi per migliorarli ed “aprirli”, lo Spirito non fa questo.
Quando lo Spirito raggiunge un chakra, se il chakra funziona bene (diciamo che è aperto), lo Spirito può accedervi e permearlo. Se il chakra è chiuso, lo Spirito passa oltre. Se tutti i chakra sono aperti, si percepisce come lo Spirito, proprio come il filo che unisce le varie perle di una collana, va a connetterli armoniosamente l’uno con l’altro. E quest’armonia corrisponde ad un’integrazione degli stessi chakra che si muoveranno all’unisono integrati e coordinati dallo Spirito, dal Cuore.
L’emanazione dello Spirito si diffonde a partire dal chakra del Cuore, specificamente dalla sua parte sinistra. Quindi se quello funziona bene allora lo Spirito si manifesta, anche se gli altri chakra non sono perfettamente aperti o non lo è la parte destra del chakra del Cuore. Questo significa che anche se lo Spirito è manifesto, l’attenzione potrebbe ancora essere deviata e le azioni potrebbero non essere completamente virtuose a causa delle imperfezioni degli altri chakra. Per cui si potrebbe essere spiritualmente ispirati su molti fronti, ma ancora avere dei comportamenti scorretti su altri.
Questo è molto importante e mette ancor più in rilievo la necessita di meditare e di permettere alla Kundalini di equilibrare tutti i chakra; perché noi, grazie alla manifestazione del Sé, potremmo sviluppare una reale ed effettiva fiducia in noi stessi tale da credere di essere arrivati al top della nostra crescita spirituale, quando ancora questo non è avvenuto.
Quindi, dicevo, quando lo Spirito si diffonde dal Cuore, va in ogni direzione permeando tutto il nostro sistema sottile e anche andando oltre, verso l’esterno, verso l’infinito.
Se i chakra sono aperti, esso può accedervi. In particolare nell’Agnya chakra, quando gli eghi (con questo termine voglio indicare ego e superego) si sono ritirati, esso può permeare il cervello e si può avere una sensazione di leggerezza e magari anche di fresco all’inizio. Gli eghi (come ha spiegato Shri Mataji) sono come due palloncini che, gonfiandosi nella nostra testa, vanno ad occludere il passaggio alla Kundalini, ed anche allo Spirito. Quando essi si sgonfiano, si ritirano nel Vishuddhi chakra e il cervello è libero di essere acceduto dal Sé; si è naturalmente in uno stato di consapevolezza senza pensieri e se i pensieri arrivano saranno sempre provenienti dallo Spirito.
In pratica, lo Spirito può manifestarsi nella nostra mente anche quando gli eghi sono ancora attivi; non è che ci sia un interruttore per cui o funziona l’uno o funziona l’altro. Per cui si possono avere pensieri effettivamente ispirati dal nostro Sé, ma spesso risulta difficile distinguerli dagli altri pensieri ed è per questo che tendiamo a dubitare.
Grazie alla meditazione si sviluppa la capacità di percepire i chakra e quindi di percepire quando sono bloccati o liberi. In particolare nella testa i pensieri degli eghi generano tensione nel cervello, mentre il pensiero dello Spirito è un pensiero “senza sforzo”: non solo non crea tensione, ma anzi ci fa sentire bene. È interessante notare che il nome sanscrito del chakra del Cuore è Anahat, che indica proprio un suono generato senza attrito o percussione, ovvero senza sforzo.
Inoltre, al contrario dei pensieri degli eghi che di solito si contraddicono l’uno con l’altro, il pensiero dello Spirito di solito è unico e dà una sensazione di sicurezza nel cuore (non nella mente, altrimenti è ego) e di leggerezza.
Posso dire comunque con tutta certezza che è possibile riconoscere un pensiero che viene dallo spirito anche senza la meditazione; per cui, se in certi momenti – diciamo – uno si sente ispirato nel modo descritto poc’anzi, ecco quello potrebbe essere un sussurro del proprio Sé.
Infine, quando il Sé si manifesta pienamente, quello stato si può tranquillamente indicare come stato di grazia o beatitudine; è uno stato senza eguali.
So che ci sono persone che, alla ricerca della conoscenza profonda del Sé, s’imbattono nelle più singolari esperienze: alcuni sono stati attratti dalle sensazioni forti che procurano le droghe pensando che quella fosse forse una liberazione dalle tensioni o un grande piacere o quant’altro li abbia ispirati in tal senso; altri sono attratti da esperienze eccitanti e, mai soddisfatti, cercano sempre nuovi esaltanti avventure; altri si limitano a tuffarsi nel mondo delle passioni a cui rimangono sempre avvinti.
Ecco, essere lo Spirito è talmente meraviglioso che, se anche lo si sperimenta per un solo secondo, si perde completamente l’interesse per tutte le altre cose. Semplicemente esse si mostrano agli occhi del Sé, ovvero ai nostri occhi aperti, per quello che veramente sono: delle mere illusioni. Anzi non sono solo delle illusioni, sono delle vere e proprie zavorre, che non fanno altro che appesantirci e buttarci sempre più giù. E questo si noterà benissimo nel momento in cui, realizzando il proprio Sé, ci si sentirà più leggeri, liberati, veramente sé stessi.
In effetti, quello che succede, quando ci si riempie di tante zavorre, è che i nostri eghi (quei bei palloncini giallo e blu che stanno nella nostra testa) si dilatano a tal punto da scendere giù nel Vishuddhi chakra fino ad arrivare al Cuore e a quel punto coprono il Cuore (chakra del Cuore) formando come una corazza. Ed è quella la grande illusione: essi coprono il Cuore formando una corazza, una corazza che crediamo sia una protezione, ma in realtà è la causa prima della nostra sofferenza; perché sono i “sentimenti” scaturiti dagli eghi (invidia, gelosia, angoscia, attaccamento, ambizione, ecc.) che vanno a premere sul Cuore e ci fanno “soffrire”. E allora il Cuore si chiude sempre più fino a che si diventa completamente insensibili, insensibili a tutto: alla gioia e al dolore… un po’ come dei sassi.
La soluzione qual’è allora?
La soluzione è far sì che i nostri eghi si indeboliscano e si ritirino e che il nostro Cuore diventi così forte da non subire più pressione da essi. La paura di soffrire è il nostro primo nemico, è quella che ci fa chiudere il Cuore, quando invece il Cuore si dovrebbe aprire e manifestare tutta la sua forza; ma, come ho detto, la sofferenza è un sottoprodotto di quei grandi illusionisti che sono l’ego e il superego e questo va compreso bene e riconosciuto. Bisogna proprio dire a questi pensieri turbolenti: “Io ti riconosco, tu sei falso, non sei me”.
Come si può fare praticamente?
Un modo è di andare a sradicare le cause delle afflizioni dalla nostra vita e quindi dal nostro essere, andando vivere in un posto Sattva (assolutamente puro) lontano dal “mondo” e dalle sue tentazioni.
Oppure si può praticare la meditazione di Sahaja Yoga, che grazie all’ausilio della nostra stessa Kundalini permetterà ai chakra di liberarsi dalle loro zavorre.
Io sto sperimentando Sahaja Yoga da diversi anni; con pazienza e dedizione ho raggiunto dei risultati soddisfacenti e spero che con questa mia testimonianza possa ispirare anche altre persone a perseguire lo stesso obiettivo.
Quindi noi diciamo che Sahaja Yoga è per ottenere il proprio benessere, in realtà è qualcosa di più: è per ottenere la completa Realizzazione del Sé… per chi la vuole naturalmente.
Perfettamente chiaro!!
La materia è maya, la materia è illusione, lo ha sempre sostenuto la Tradizione ricavandone solo derisione, se non che oggi lo sostengono anche i fisici teorici “quantici”, che fanno molta più “rispettabile audience”. La materia è tenue, la materia è vuota, lo dicono i quantici, e allora?
Allora lo Spirito invece è pieno, lo Spirito è solido, lo Spirito riempie la materia, da cui consegue il “noi siamo lo Spirito”, sostantivo derivato dal greco “Pir”, fuoco, inteso per analogia come Fuoco metafisico, stato d’essere vibratorio il più vicino possibile per noi al Divino, stato d’essere fondato sul Divino e quindi unico reale, antisismico per eccellenza. Quindi? Alla fine, quando la materia volgare cede alla disgregazione del caos, eghi, supereghi e compagnia dissonante, l’anima realizzata, centrata nel cuore sottile,scopre cosa significa essere lo spirito, si trova più viva che mai ( in tempi antichi questo si chiamava vincere la seconda morte).
Buoni programmi a tutti.