Lo Yoga e la Danza spesso si combinano. Molte danzatrici di danza classica indiana (indiane e non) ma anche di altri stili, coadiuvano l’allenamento di danza con diverse pratiche meditative. Io stessa, prima di conoscere sahaja yoga, cercavo un metodo che mi riequilibrasse da un punto di vista psico-fisico e che quindi migliorasse le mie prestazioni coreutiche. All’epoca ancora non conoscevo la danza classica indiana, praticavo la danza “accademica” (la danza classica occidentale) e la danza contemporanea.
Poi conobbi Sahaja Yoga, e molto cambiò…
C’è chi definisce la danza classica indiana – che sia lo stile “Bharatanatyam” o il “Kathak” o il “Kuchipudi” che attualmente pratico e diffondo – uno “yoga danzato”. Assolutamente vero! Lo dico non tanto in virtù di conoscenze teoriche, pure fondamentali, quanto in base all’esperienza “sul campo”.
Quando si praticano ripetutamente alcuni passi (adavulu, nel linguaggio coreutico della danza Kuchipudi), il fatto di eseguirli meglio con la parte destra o sinistra del corpo ha una correlazione diretta con il nostro canale destro (pingala nadi) e sinistro (ida nadi). Mi è capitato spesso di avere qualche difficoltà nell’eseguire alcuni passi verso sinistra, o utilizzando gli arti di sinistra, con la stessa scioltezza e sicurezza con cui li eseguo con la parte destra. E ciò accade non solo e non tanto perché, come la maggior parte delle persone, sia destrimana, ma perché in quel frangente ho una debolezza a livello “sottile” nel canale sinistro.
Praticare quindi quei determinati passi a sinistra più volte con l’attenzione sul Sahasrara chakra, per un/una sahaja yogi/yogini, può equivalere a lavorarsi su quel canale quando ci sediamo per meditare. Un allenamento intensivo, di contro, se non si rispettano i giusti tempi di riposo tra una sessione d’allenamento e l’altra, può affaticare lo Swadhisthan chakra destro.
Ma nella danza Kuchipudi non è importante solo la nitidezza e la fluidità dei movimenti del corpo. Così come nelle altre danze classiche indiane anche nel Kuchipudi l’espressività, la mimica, costituiscono almeno il 50% dell’importanza e della bellezza di questo stile.
Se si interpreta una danza su Shri Ganesh [il principio sottile del primo chakra] è necessario percepirne le qualità fondamentali per poter essere veramente credibili. Stabilizzare il principio dell’Innocenza per una danzatrice o un danzatore nel proprio Mooladhara chakra, prima di studiare una coreografia dedicata a Shri Ganesh, facilita di gran lunga e rende spontanea una giocosità e una gioia che normalmente solo nei bambini è percepibile.
Direi proprio che nel caso dell’abhinaya (la parte espressiva, interpretativa della danza indiana) una buona pratica meditativa sahaj aiuta a danzare meglio; di contro danzare con l’attenzione pura sulla Deità interpretata [molte delle performance di danza classica indiana si basano su storie di divinità indiane], aiuta a purificare e rinforzare il chakra presieduto da quella stessa Deità/Archetipo che essa rappresenta.
Chi, praticando da tempo sahaja yoga, si accinge a studiare la danza classica indiana, si troverà senza ombra di dubbio avvantaggiato in tal senso. Mentre i danzatori che si avvicinano a Sahaja Yoga avranno sicuramente l’opportunità di migliorare non solo la tecnica, ma anche di percepire quel sentimento di devozione verso il Divino nei suoi vari aspetti e verso la danza stessa che potrebbe non essere altrettanto profondo in mancanza di questa meravigliosa pratica.
Marzia Colitti
danzatrice e insegnante di
danza classica indiana Kuchipudi
Grazie a yogafacile.it per aver dato un po’ di spazio a questa splendida forma d’arte! (Piccolo errore di battitura alla fine dell’articolo: Marzia e non “Mariza” 🙂 )
Si potrebbe aggiungere un breve video dimostrativa, se possibile 🙂
bella idea…ma chi mi filma?