Differenza fra compassione e tolleranza

Una delle qualità che abbiamo trattato parlando dell’Agnya chakra (e il chakra del Cuore) è la compassione.
Per compassione non intendiamo un’espressione di pietosa commiserazione dell’altro, ma, andando a considerare la derivazione etimologica del termine (cum patior), un “partecipare al sentimento dell’altro”.

Sviluppando la vostra sensibilità sottile, il valore di questa qualità può diventare ancora più comprensibile. Nel momento in cui qualcuno si comporta in certo modo, voi potete infatti percepire a livello sottile cosa ha spinto quella persona a comportarsi in quel modo. Se, per esempio, una persona è stata dura con voi, potete percepire che probabilmente quella persona ha un blocco a livello del Cuore destro; quella persona non ne è ovviamente consapevole, ma voi sì, voi siete consapevoli della Qualità Spirituale di chi vi è di fronte e quindi della Realtà.

Nel momento in cui riuscite a vedere la Realtà, allora non identificate più il comportamento sbagliato con la persona, ma realizzate che quel comportamento è il frutto di una disarmonia interiore. Grazie a questo vantaggio, potete perdonare con maggiore facilità gli altri, il che vi permetterà di diventare sempre più distaccati e il vostro Agnya chakra potrà diventare sempre più libero, sgombro da tensioni inutili.

Essere compassionevoli è molto importante, perché non ci si potrà mai identificare con il proprio Spirito fino a che si sarà identificati con le idee (frutto dei condizionamenti e dell’Io individuale) che si hanno di sé stessi e degli altrii.

Gesù disse (Mt 6,24): «Non potete servire a Dio e a Mammona». Non è possibile essere devoti alla propria mente e al proprio Spirito (e quindi a Dio) allo stesso tempo.

Ora però è importante mettere l’attenzione su un altro aspetto: la differenza tra compassione e tolleranza.

Benché linguisticamente sia chiara la differenza dei due termini, nella pratica spesso si scambia la tolleranza con la compassione.
Abbiamo visto che la compassione è quel sentimento per cui comprendiamo l’altro e poi riusciamo a lasciare andare dentro di noi ogni reazione  verso quella persona (giudizio, critica, risentimento, avversione, ecc), ovvero la perdoniamo.

Però è possibile anche reprimere le proprie reazioni, controllarle e quindi “tollerare” le offese altrui. Per esempio, qualcuno ha un comportamento che vi infastidisce e non sapete come fare; sapete che è giusto perdonare e non reagire, ma sentite dentro di voi l’impulso a reagire, per cui potreste o reagire oppure reprimere la vostra reazione.

Nel secondo caso si sta praticando tolleranza: ovvero si crede che nel reprimere le proprie reazioni esteriori ed interiori, si abbia in qualche modo perdonato; ma non è così. Possiamo dire di aver effettivamente perdonato nel momento in cui riusciamo a vedere quella persona (o situazione) con la stessa serenità e amore con cui vediamo quello che ci fa piacere, che ci fa stare bene.
A lungo andare, questa attitudine a tollerare può anche portare ad una sorta di insofferenza o magari può dar vita ad una più forte reazione repulsiva  nel momento in cui si raggiunge un certo limite di sopportazione.

Ora è bene notare che quando si parla di non-reazione, non si intende che sempre e comunque si debba evitare di affrontare le situazioni della vita, quando si parla di “non reazione” si intende prima di tutto di reazione interiore, come ci si sente dentro rispetto alla situazione che si sta vivendo. Prendiamo un esempio classico, quello della protesta non-violenta del Mahatma Gandhi: è vero che la protesta era pacifica, ma i discorsi di Gandhi erano molto chiari, diretti e appassionati; lui diceva la verità senza esitazione.

Quindi, l’importante è, prima di tutto, come ci si sente dentro, che si sia calmi e sereni, che non si giudichi e non ci si senta avviliti o arrabbiati; e poi con cuore calmo si decide se è utile in quel momento fare o dire qualcosa. Nella maggior parte dei casi, il nostro potere di compassione si metterà in azione per risolvere il problema, perché esiste un potere superiore che sa come risolvere la situazione e, nel momento in cui la vostra percezione sottile si sia raffinata, potrete anche sentirlo.

Quindi la tolleranza non è nient’altro che una reazione interiore ed è quindi importante osservare se stessi per vedere se quello che stiamo facendo è di essere tolleranti piuttosto che compassionevoli. È importante perché, come abbiamo visto, gli effetti su noi stessi possono essere del tutto diversi.

Coltivare la compassione è una grande virtù e un grande vantaggio per noi stessi, per la nostra serenità e per il nostro benessere. Nel momento in cui si perdona, ci si distacca dal problema; se non si perdona si continua a portare il problema sulle proprie spalle e a soffrire inutilmente. Sembra una banalità, invece è una cosa fondamentale, che vi permette di aprire il vostro Agnya chakra e quindi di superare la porta stretta che vi collega all’Assoluto.

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