Capitolo XIII ~ Felicità
- Raja Janaka disse:
La piena soddisfazione interiore, data dalla chiara consapevolezza che ogni pensiero è fittizio, non è facile da afferrare nemmeno da chi possiede solo un perizoma.
Così, nella mia mente, sono indifferente sia a rinuncia che ad accettazione e sono felice. - Il corpo è stressato dagli esercizi.
La lingua si stanca di parlare.
La mente si intorpidisce con il pensare.
Abbandonando queste pratiche come obiettivi della vita, io sono felice. - Realizzando che quando agisco in realtà non faccio nulla, faccio quello che viene e così sono felice.
- Gli yogi che sono ancora attaccati al loro corpo insistono nel compiere o nell’evitare certe attività.
Io sono libero nell’associarmi o dissociarmi da tali attività e così sono felice. - Non ho niente da guadagnare o perdere dallo stare in piedi, dal camminare o dall’essere sdraiato.
Così dovunque sto in piedi, cammino o dormo sono felice. - Non ottengo niente dal dormire e nemmeno dallo sforzarmi per ottenere successo.
Se non penso in termini di perdita o guadagno sono felice. - Vagliando in parecchie occasioni che le molteplici e contraddittorie forme di felicità variano a seconda delle circostanze, e avendo abbandonato la preoccupazione di compiere azioni auspichevoli o inauspichevoli, io vivo felice.
solo un perizoma: dentro di sé è persino attaccato all’esistenza di questo minuscolo possedimento. Ovvero, non è importante quante cose si abbiano, è l’attaccamento a quelle cose che crea preoccupazioni e pensieri. (Raja Janaka era un re e quindi aveva non solo molte cose ma anche molte responsabilità)
molti yogi/ricercatori pensano che l’azione sia un impedimento alla propria ascesa, in quanto li lega alla materia o alle proprie ambizioni. Janaka dice che in realtà è l’attaccamento al corpo, non l’attività in sé a legarli alla materia.