La Storia di Shri Rama

Rama e HanumanaCome sappiamo dalla conoscenza di Sahaja Yoga, Shri Rama incarna le qualità che risiedono nel cuore destro. Questo chakra sviluppa in noi il senso della responsabilità e del dovere – mai disgiunti da bontà e benevolenza, tatto e rispetto – specialmente quando esercitiamo i ruoli di figlio, fratello, sposo, padre, governante o cittadino.
Shri Mataji stessa ci dà la descrizione di chi è riuscito ad integrare nella propria vita un perfetto comportamento:

“Una persona sicura di sé, che si esprime sempre con sincerità. Sa come contenersi in ogni circostanza ed affrontare le situazioni difficili con dignità. Il suo senso del dovere non gli impedisce di essere premuroso, tenero verso gli altri. Non lo si vede compiangere se stesso o agire con durezza verso chiunque. In sua presenza ci si sente a proprio agio.
Quando incontra qualcuno tratta tutti con rispetto, sia esso un sovrano oppure un mendicante. Sa come esprimersi per ricondurre la gente sul retto sentiero. Il suo interesse personale viene dopo quello collettivo; la sua attenzione è diretta sempre al benessere altrui”.

Shri Rama è conosciuto come Puram Purushottama (“L’essere umano ideale”) e questo suo carattere emerge evidente  dalla lettura delle sue vicende, narrate – insieme a quelle della sposa Sita – nel poema epico Ramayana.
Essi vissero in India circa 8000 anni fa. Rama, in particolare, era un’incarnazione di Vishnu – la settima – e il suo scopo nella vita fu quello di indicarci la via di una esistenza dharmica e dignitosa, quali che siano le circostanze in cui si sviluppa.
Dalle parole di Shri Mataji:

“Shri Rama era il marito ideale, mentre Shri Sitaji era la moglie ideale; … Shri Rama voleva stabilizzare gli ideali elevati che l’umanità avrebbe dovuto emulare. Come tutti sapete, Socrate lo definì ‘un re benevolente’… In verità, Shri Rama era ‘dharmatita’, cioè oltre il dharma…Egli era la personificazione del dharma…”

Il Ramayana fu il primo poema epico ad essere scritto in sanscrito e tale capolavoro è tuttora parte integrante dell’eredità spirituale e culturale indiana. Si attribuisce la sua stesura al saggio Valmiki (V secolo a.C.), conosciuto anche come Adi Kavih, ovvero Poeta antico, Poeta primordiale. La versione qui proposta è solo un riassunto basato sul Ram-Charit-Manas (“Lago colmo delle imprese di Rama”) di Tulsidas (1532-1623) ed è stata corredata da alcuni commenti tratti dai discorsi di Shri Mataji.

Il Ramayana

Sulle rive del fiume Sarayu sorge la città di Ayhodhya. Tanto tempo fa, il re Dasharata governava questa città, ed ebbe quattro figli: Rama, Laxmana, Bharata (dai cui deriva il nome antico dell’India: Bharata-varsha) e Shatrughna. Rama era nato dalla regina Kausalya, Bharata dalla regina Kaikeyi e gli altri due fratelli da Sumitra. Nonostante fossero nati da madri diverse, i fratelli erano molto legati tra loro.

L’abilità di Rama nell’uso delle frecce e dell’arco era ben nota in tutto il paese, e il saggio Vishwamitra si decise di invitarlo nel suo eremo: da lungo tempo infatti, lui e gli altri saggi erano minacciati da terribili demoni e non sapevano come fare per liberarsene. Rama e suo fratello Laxmana riuscirono brillantemente nell’impresa, permettendo così che la pace ritornasse nell’eremo.
Soddisfatto da questo risultato,  Vishwamitra chiese ai due principi di accompagnalo a Mithila, dove si sarebbe tenuto lo Swayamvara di Sita (la figlia del re Janaka), cerimonia in cui un cavaliere si cimenta in una dura prova al fine di ottenere la mano della principessa.
In questo caso la sfida consisteva nel sollevare e tendere l’arco di Shiva (lo Shivadanusha), quindi un arco sacro, che solo un Essere Superiore avrebbe in effetti potuto maneggiare. Uno dopo l’altro vari prìncipi si apprestarono a sollevarlo, ma senza successo. Solo Rama, infine, riuscì nell’impresa, rendendo felicissimi il re Janaka (che ne aveva potuto già ammirare le doti superiori) e  Sita stessa che non poteva desiderare uno  sposo migliore.
La bella notizia fece esultare la città di Ayodhya, e il re Dasharata si recò a Mithila per presenziare al matrimonio della coppia novella.

L’esilio

Alcuni anni trascorsero tranquilli e felici, finché un giorno il re Dasharata, resosi conto di star invecchiando, decise di lasciare il regno nelle mani del legittimo erede: Rama. Tutti, incluso il popolo, accolsero felicemente la notizia; tutti tranne Manthara, la domestica invidiosa della regina Kaikeyi. Correndo dalla sua regina, il cui figlio in quel momento si trovava altrove, la convinse che il gesto era stato fatto appositamente per tagliare fuori dall’eredità Bharata, il quale avrebbe ugualmente meritato di diventare re. Manthara così la convinse a sfruttare la promessa di soddisfare senza condizioni due desideri, promessa che il re le aveva fatto anni prima, quando lei gli aveva salvato la vita.

Uno di desideri sarebbe consistito nell’incoronare Bharata re invece di Rama, e l’altro nell’esiliare Rama nella foresta per 14 anni. Il re Dasharata, una volta venuto al corrente dei desideri, fu costretto ad esaudirli, in quanto altrimenti tutto il suo regno e anche gli altri avrebbero saputo che egli era un uomo disonesto, e questo non poteva accadere.

Rama, tuttavia, una volta conosciuti i fatti e i nuovi improvvisi ordini di suo padre, lasciò che gli avvenimenti scorressero in modo che il padre potesse adempiere ai suoi obblighi, e si apprestò a partire in esilio, solo. Sita e Laxmana tuttavia insistettero per seguirlo nella giungla, così come tutta la popolazione. Tuttavia Rama, consapevole del proprio destino e responsabilità, li invitò a ritornare alle proprie case e proseguì solamente con la moglie e il fratello.

Il re Dasharata, intanto, per il dispiacere di dover mandare in esilio il figlio prediletto si ammalò, fino a giungere in fin di vita, mentre continuava a invocare Rama. Bharata, il figlio di Kaikeyi intanto era ignaro di tutto ciò che stava accadendo. Quando seppe delle ultime novità, andò subito dalla madre, che lo aggiornò dell’incoronazione e dell’esilio dei fratelli.

Bharata, sconvolto dalle notizie, capì il trucco ordito da Manthara e si adirò moltissimo con la madre, ma ormai non poteva far niente, solo scongiurare Rama di tornare a palazzo ed essere re, anche se il suo guru lo incitava ad attendere le questioni di Stato, essendo quello il suo dovere.

Il fratello tuttavia avanzò verso la foresta in cui Rama, Laxmana e Sita avevano costruito una capanna per vivere. Laxmana, che rappresenta il nostro lato destro, si irritò molto appena lo vide, pensando ad un attacco, mentre Rama, il potere del centro e dell’evoluzione, capì subito la richiesta d’affetto fraterno di Bharata e  lo calmò.

Shri Mataji racconta, a proposito dei caratteri delle due persone, una storia per sottolineare le qualità di qualcuno con il cuore destro illuminato:

“C’era una donna molto vecchia…con pochissimi denti. Portò alcune bacche. Le assaggiò una per una per vedere quali fossero dolci e offrì a Rama solo quelle. Egli le mangiò con tanto entusiasmo che suo fratello Laxmana era un po’ arrabbiato. Anche Sita le mangiò e le trovò saporite come nettare del paradiso. Così finalmente anche Laxmana le assaggiò (All’inizio Laxmana si adirò perché non poteva permettere che Rama mangiasse frutta già assaggiata, ma Rama gli insegnò che qualsiasi offerta fatta con tanto amore supera i limiti di un protocollo formale, ndr).
Guardate la dolcezza di Shri Rama ed il modo che usava per mettere a proprio agio la gente! Un’ostrica trova nel suo guscio un piccolo sasso ed allora produce un liquido rilucente e lo copre con questo liquido, e ne fa una perla per metterlo a suo agio! Rama non cercava il proprio agio. Era diverso perché desiderava fare di ciascuno un diamante o una perla. Ed è solo così che Egli si sentiva bene”.
“Questa storia dimostra l’amore che c’era nel cuore di Shri Rama, la sua sensibilità, che era un Re della più alta discendenza, che si era intenerito di fronte a questa signora di casta molto bassa. Quello che fece Shri Rama, è proprio accettare di buon grado questi frutti che gli erano stati offerti, mentre suo fratello, per così dire, era ancora a metà strada in Sahaja Yoga, a lui non piacque il gesto di questa vecchietta e si arrabbiò a causa di esso”.

In realtà, infatti, Bharata era andato lì per pregare Rama di tornare a palazzo, ma Egli non poté disubbidire alla promessa fatta ormai al padre. Il suo dovere in quel momento era quello. Bharata accettò così la lontananza del fratello promettendo di governare in suo nome, e, fedele alla sua parola, mise simbolicamente i sandali di Rama sul trono. Una volta ripartito, Rama, Laxmana e Sita si stabilirono più a sud.

Un giorno la sorella del demone Ravana, passando da quelle parti, si invaghì di Rama, quindi cambiò d’aspetto (assumendo le sembianze di una donna bellissima) e provò a corteggiare Rama, sperando di farlo suo sposo. Rama, essendo già sposato, gentilmente rifiutò e le disse di provare con Laxmana. Ma anche Laxmana rifiutò, dicendo che lui era solamente secondo a Rama, mentre lei stava cercando sicuramente il meglio. Rifiutata da entrambi, la sorella di Ravana prese il suo aspetto originale e provò ad uccidere Sita, ma fu prontamente fermata da Rama, mentre Laxmana infuriato le si precipitò contro e le tagliò il naso e le orecchie. Il demone corse subito dal fratello Ravana, il re dei demoni che a quel tempo regnavano a Shri Lanka e scorrazzavano qua e là nei regni circostanti, distruggendo o prendendo quello che volevano

Ravana era un demone avente ben dieci teste, questo perché il suo ego era talmente grande che non poteva essere contenuto in una soltanto, e aveva ottenuto il potere di non poter essere sconfitto da alcuna Deità. Fu per questo che Vishnu si incarnò in Rama, un ‘semplice’ essere umano.

Il rapimento

Ravana era davvero arrabbiato per il torto subito dalla sorella e bramava di vendicarsi; però si rendeva conto che non fosse conveniente confrontarsi direttamente con Rama, e così decise di colpirlo privandolo del bene più prezioso: la sua adorata Sita.
Incaricò dunque un altro demone di trasformarsi in un cerbiatto dorato, e di appostarsi davanti alla capanna del trio. Quando Sita lo vide, (proprio come si aspettava Ravana) implorò Rama di catturarlo per tenerlo con sé. Rama lo inseguì e, quando scoprì che in realtà era un demone, lo ferì gravemente. Mentre il demone era a terra, però, imitando la voce di Rama, urlò una richiesta di aiuto verso Laxmana e la moglie, Sita, preoccupata, implorò Laxmana di soccorrerlo. Pur temendo per Sita, il fratello cedette alle sue richieste e si diresse alla foresta.
Prima di allontanarsi, però, seguendo il suo dovere di fratello, Laxmana descrisse un cerchio intorno alla capanna di Sita e le raccomandò di non uscire mai da esso: solo così sarebbe stata al sicuro.
Ma Ravana escogitò un trucco per fare uscire Sita da quel cerchio protettivo (bandhan di protezione) nel quale lui non poteva entrare: si tramutò in un saggio e le chiese l’elemosina, cosa che – tradizionalmente – non viene mai rifiutata. E nel momento in cui Sita gli si avvicinò per porgergli il cibo, Ravana la rapì e la condusse nel suo regno.

Rama e Laxmana, che avevano capito ormai l’inganno ed erano tornati alla capanna, videro con sconcerto che Sita non c’era più.
Così cominciarono il pellegrinaggio verso Sud cercando la dimora del demone, ma invano; finché, un giorno, s’imbatterono in Sugreeva, fratello del re delle scimmie Vali ed esiliato anche lui nella foresta; in sua compagnia si trovava il famoso Hanumana (famoso per i suoi straordinari poteri), che divenne da allora fedele servitore di Rama.

Egli decise di aiutare Sugreeva a riprendere il trono, e in cambio come re lo avrebbe aiutato nella ricerca di Sita mettendogli a disposizione il suo esercito capitanato da Hanumana.

Shri Mataji ci ha illustrato il carattere di Hanumana: “Egli incontrò per la prima volta Shri Rama nella foresta. Shri Rama stava spiegando che sua moglie Shri Sita era stata rapita da un demone, il re Ravana. Mentre ascoltava questo racconto, Shri Hanumana sentì crescere un enorme amore e adorazione nei confronti di Shri Rama. Si gettò ai suoi piedi e seppe che da quel momento sarebbe sempre stato il suo servo più umile e devoto”.

L’esercito cercò per giorni e settimane, finché raggiunse il confine meridionale dell’India. Tramite un’indicazione, capirono che Ravana si trovava a Lanka (l’odierno Sri Lanka, ndr).
Hanumana, che aveva diversi poteri (tra cui quello di volare oppure cambiare la propria dimensione), volò fino a Lanka. Girò tutta la città, piccolissimo per non farsi vedere, in cerca di Sita, ma senza trovarla. Allora si recò nel palazzo reale e vide che tutti, compreso Ravana, stavano dormendo, ma anche lì Sita non c’era. Infine andò nel giardino reale e la trovò lì, che manteneva tutta l’attenzione dentro di sé senza dormire, come se stesse meditando.
Hanumana aspettò fino al mattino, perché doveva accertarsi che fosse veramente Sita. A quel punto giunse Ravana che ancora una volta tentò a spingerla a sposarlo; ma poteva assolutamente costringerla, perché  vigeva su di lui una maledizione che gli impediva di avere una donna contro la sua volontà.
Finalmente, quando il campo rimase libero, Hanumana le fece cadere nella mano l’anello che Shri Rama gli  aveva dato per identificarsi. Hanuamana si presentò davanti a lei e le chiese di venire con lui, per ritornare dal suo sposo. Tuttavia Sita rifiutò, perché era responsabilità del marito di salvarla, sconfiggendo in battaglia colui che l’aveva oltraggiata.

Shri Mataji ci ha parlato del suo coraggio: “Per lei la cosa importante era che Ravana fosse ucciso da Rama…Che cosa potente può essere il carattere di una donna… Lei era indipendente. Disse di no a Hanumana. «Quando Rama verrà e cancellerà questo malvagio dalla terra, solo allora mi potrà portare con sé. Io non scapperò né mi ritirerò. Affronterò ogni cosa»… Possiamo pensare ad una donna così nei tempi moderni? Così soddisfatta di sé. Così equilibrata. Così piena di fiducia e forza! Questo è il messaggio della vita di Shri Sita”.

Hanumana dunque andò via a mani vuote, ma prima di lasciare Lanka decise di dare una piccola lezione a Ravana. Dopo aver ucciso alcuni demoni si lasciò imprigionare, perché era l’unico modo per incontrare Ravana di persona, il quale moriva dalla voglia di ucciderlo, ma fu bloccato dal suo virtuoso fratello. Così, semplicemente si limitò a dargli una lezione, cospargendo la coda di Hanumana di olio e dandogli fuoco; ma punizione che gli avevano inferto, si rivelò ben presto un vero dramma per loro: rimpicciolendosi, Hanumana riuscì a liberarsi dalle corde che lo legavano, e incominciò a saltare qua e là per la città andando ad incendiare tutto quanto, fino a ridurre Lanka ad un immenso rogo.

Ha commentato Shri Mataji: “Ci sono molte storie su Shri Hanumana che raccontano di come anch’egli fosse quest’oceano di amore e compassione. Tuttavia non aveva alcuna esitazione ad uccidere una persona malvagia che opprimeva o uccideva gli altri. Shri Hanumana sapeva che Ravana aveva paura del fuoco, così… la bruciò con il suo potere. Bruciò Lanka, ma non uccise nessuno. Ravana non fu bruciato ma rimase terrorizzato. A Lanka erano tutti spaventati per i peccati commessi da Ravana. Prima di allora la gente di Lanka accettava qualsiasi cosa Ravana facesse e si piegava ai suoi desideri. Nessuno osava fermarlo. Ma quando Lanka fu bruciata le persone furono terrorizzate. Per renderli consapevoli degli orribili peccati di Ravana, Shri Hanumana bruciò Lanka. Quanto era pieno di amore!”

La guerra

E fu così che con l’esercito a sua disposizione, Rama giunse alla costa sud. Appena la notizia giunse alla corte di Ravana, suo fratello gli consigliò di restituire Sita a Rama, ma Ravana lo cacciò. Pur essendo il fratello di Ravana, Vibhishan era un uomo virtuoso e cercò rifugio da Rama, che lo accolse di buon grado.

L’unico problema da risolvere era come fare a far passare un esercito attraverso il mare fino all’isola di Lanka.

Ha commentato Shri Mataji: “…quando Shri Rama dovette costruire un ponte fra l’India e Lanka, la Madre Terra lo aiutò sollevandosi. Quindi non dobbiamo mai incolpare Madre Terra per ciò che accade: chi è santo sarà sempre protetto da Lei, Lei cercherà sempre di dargli tutto ciò che desidera, nei minimi particolari”.

Tuttavia il benevolente Rama cercò ancora di trovare una via pacifica di riconciliazione. Inviò un messaggero a Lanka, invitando Ravana a restituire Sita senza arrivare alla guerra, ma Ravana (sicuro di sé e della sua forza) non volle accettare.

Fu così che la guerra cominciò.
Le battaglie spargevano morti su morti e e più erano i soldati e i generali uccisi, più Ravana si infuriava e inveiva contro il nemico. Fino a che, morti quasi tutti i più grandi guerrieri del re di Lanka, il figlio fece un sortilegio che consentì ai seguaci di Ravana di uccidere tantissimi guerrieri di Rama, costringendoli alla ritirata; tra tutti l’adorato fratello Laxmana fu seriamente ferito. Solo l’erba Sanjeevani avrebbe potuto curarlo, ma solo se somministrata entro un certo tempo. Essa si trovava su una delle cime delle Himalayas, e Hanumana immediatamente volò fin laggiù per recuperarla. Solo che, una volta giunto sul monte, si rese conto di non essere in grado di riconoscerla; e così pare che si sia caricato sulle spalle la montagna stessa per non sbagliarsi! Una volta ritornato, i medici raccolsero Sanjeevani in abbondanza per curare Laxmana e tutti gli altri.

Shri Mataji ha commentato a proposito di Shri Hanumana: “Egli era tanto potente e saggio, quanto devoto e dedicato. Generalmente una persona così potente diventa di lato destro e si considera così grande che non sta ad ascoltare nessun altro. Ma Hanumana è una deità speciale, una deità esemplare piena di qualità. C’è un perfetto equilibrio tra la sua devozione ed il suo potere… Dobbiamo mantenere un equilibrio. Amiamo gli altri e, con il potere dell’amore, continuiamo a compiere i nostri doveri… Potremmo affermare che il lato destro è la fonte dell’energia e il sinistro della devozione. Shri Hanumana aveva in sé questa armonia tra Bhakti (devozione) e Shakti (energia)”.

Sul campo di battaglia si presentò Kumbhakarna, il gigantesco fratello di Ravana; ma anche questo fu sconfitto da Rama, mentre Laxmana uccise il figlio di Ravana. Infine Ravana stesso scese in campo per combattere contro Rama, il quale riuscì a tagliargli più volte le teste, ma senza risultato, perché tra i suoi poteri Ravana aveva anche quello di non poter essere decapitato (le teste gli ricrescevano subito).

Shri Mataji ha commentato: “Shri Rama ha molte qualità speciali, è molto potente ed anche un provetto arciere. Shri Rama stava puntando alla testa di Ravana con la sua freccia. Delle dieci teste di Ravana una sarebbe caduta, ma sarebbe tornata nuovamente al suo posto. Laxmana suggerì allora a Shri Rama di scoccare una freccia al cuore di Ravana, altrimenti non sarebbe morto. Colpirlo al cuore. Shri Rama, che era molto umile, sebbene fosse molto potente, disse a Laxmana che Ravana aveva messo Sita nel proprio cuore, perciò non poteva colpirlo al cuore. Ma se avesse continuato a colpire e mozzargli le teste la sua attenzione si sarebbe distolta dal cuore. Solo allora avrebbe mirato al cuore. Che esempio di amore di un marito per la propria moglie! Quanto era pieno di amore quest’oceano di potere!”

Alla fine, Rama riuscì a colpire il malvagio demone a morte, e Vibhishana divenne il nuovo governatore di Lanka. Quello stesso giorno i 14 anni di esilio di Rama terminavano, e così Rama, Sita e Laxmana ritornarono ad Ayhodhya dove Rama divenne re.

Si presentò però un problema. Sita aveva vissuto per parecchio tempo nella reggia di Ravana, e il popolo non poteva accettare una regina contaminata, per quanto ella avesse già passato la prova del fuoco – aveva provato ad immolarsi in una pira senza che il fuoco l’avesse lambita, per provare la sua castità.
Nonostante ciò il volere di popolo vinse e Rama, Rama pur dolorosamente, fu costretto ad allontanarla.  Shri Rama dovette farlo perché, come perfetto re, era consapevole che l’interesse collettivo era più importante del suo interesse personale e che, per questo motivo,  la sua attenzione doveva essere innanzitutto diretta al benessere altrui.

Così Shri Mataji ha spiegato questo episodio: “Per rispettare le maryada (i vincoli di comportamento) di re, egli rinunciò a Shri Sita, che gli era molto cara, soltanto perché la gente dubitava di lei, nonostante avesse attraversato il fuoco… Quando sua moglie era via, all’ashram di Valmiki, egli dovette condurre un Rajsuya  Yagna (havan). Per questo sua moglie doveva essere vicino a lui. Gli chiesero di risposarsi. Lui rifiutò e disse: «Celebrerò questo Yagna, ma non mi risposerò». Allora gli dissero di fare una statua di Sita in oro. Nel suo dharma era perfetto.”

“Shri Sita era l’Adi Shakti, non aveva da preoccuparsi. Disse semplicemente «Lasciatemi qui». Era una persona molto rispettosa di sé. Non disse: «Andrò da lui e lo citerò in giudizio e mi farò dare dal tribunale tutto il suo denaro…» Niente del genere. Questa è la grazia di una donna. Era anche incinta… Ma Lei disse: «No, io debbo mettere al mondo questi bambini e posso badare a me stessa. Per favore, ditegli di non preoccuparsi per me»… Guardate la dignità, l’equilibrio, il carattere e la personalità di Sita. Rama era chiamato Maryada Purushottama e guardate sua moglie: era pari a lui in ogni senso”.

Shri Sita ottenne rifugio presso l’ashram del saggio Valmiki e lì diede alla luce due figli gemelli: Lav e Kush. Anni dopo, Rama ebbe l’occasione di incontrare i suoi figli, i quali ebbero il meraviglioso compito di cantare il Ramayana opera composta appunto dal saggio Valmiki. Una volta, infatti, era questo il modo di tramandare i poemi: cantandoli!

2 commenti

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  2. Carissimo Alex, nel corrispondere in maniera cosi’ lucida e soddisfacente il desiderio di una conoscenza cosi’ pura meriti anche tu l’appellativo di poeta dell’ Amore Epico.Con gratitudine,Guido

I commenti sono chiusi.

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