Per quanto possa sembrare incredibile, essere in uno stato di silenzio mentale risulta alquanto difficile al giorno d’oggi. La mente è continuamente bombardata da tanti pensieri che raramente danno una tregua. Pensieri che proiettano verso il futuro e pensieri che fanno rimanere attaccati al passato, pensieri difficilmente connessi con il presente.
Ma quello che è peggio è che questo continuo pensare consuma tanta energia al punto che uno si può sentire davvero esaurito anche senza aver fatto nulla.
Specialmente nei momenti più difficili, i pensieri si intensificano nella mente e non permettono effettivamente di vedere chiaramente una soluzione al problema in cui ci si trova coinvolti.
È stato fatto un mito del “pensiero” (Cogito ergo sum), perché esso è apparso come una grande conquista dell’umanità in quanto si può dire che abbia determinato la differenza sostanziale fra gli esseri umani e il resto delle creature terrestri.
In realtà, tutte le grandi scoperte non sono state fatte tramite il “pensiero-ragionamento”, ma tramite un “pensiero-illuminato”, ossia derivato da una fonte di ispirazione universale che Carl Jung chiamava inconscio collettivo, e che in sanscrito è chiamato Paramchaitanya. Considerate il caso di alcuni grandi scienziati, come Einstein, che hanno testimoniato come la soluzione a certi problemi sia arrivata loro in un momento in cui la loro attività mentale di speculazione si era placata, in un momento in cui erano “arresi” e liberi di ricevere la corretta informazione dall’Infinito (quello che abbiamo chiamato inconscio collettivo)
Per quanto i pensieri siano qualcosa di intangibile, eppure sono prodotti da un processo fisico che avviene nel nostro corpo e che quindi consuma energia. Per cui quello che succede quando si pensa tanto è che il cervello è continuamente sottoposto ad una tensione, una tensione che si può anche rilevare tramite un apparecchio elettronico, chiamato elettroencefalografo.
Da dove viene l’energia per i pensieri?
L’energia per i pensieri viene dal fegato. Si dice che gli antichi Greci ritenessero il fegato come sede di ogni sentimento e qualità interiore, cose che ora sappiamo manifestarsi attraverso la mente.
Il processo che determina l’alimentazione del nostro cervello avviene nel fegato, il quale però è preposto a molte altre funzioni. Quindi il supplemento continuo di energia al cervello ha un costo enorme, perché altri organi e altre funzioni del nostro corpo non possono avere la dovuta energia e quindi non riescono ad adempiere alle loro funzionalità in modo adeguato.
Da qui la sensazione di stanchezza che deriva dal continuo pensare; e questo è solo per cominciare: a lungo andare le conseguenze potrebbero essere più gravi, perché gli organi trascurati cominceranno ad ammalarsi.
L’esaurimento energetico è solo uno dei danni che si possono ottenere; la qualità dei pensieri può guidarci verso “indesiderati” stati emotivi di varia natura. Per esempio pensieri ambiziosi o paurosi possono causare uno stato d’ansia. Pensieri rivolti al passato o ai sentimenti possono rendere melanconici o depressi e magari condurre a letargia. E così via. Insomma, se ci si ferma un attimo ad osservare i propri pensieri, ci si accorge che spesso creano una certa confusione nella mente e uno stato emotivo alterato che non potrà facilmente rasserenarsi.
Liberarsi dai pensieri. Come?
Esiste uno stato del nostro essere indicato in sanscrito con il termine turya (quarto stato), che si può descrivere in modo semplice come uno stato di consapevolezza senza pensieri.
È uno stato in cui la nostra mente è silenziosa, ma in piena consapevolezza. In questo stato, la nostra attenzione è completamente nel presente, nella Realtà. Quando si approccia questo stato, ci si rende subito conto che effettivamente i pensieri sono un disturbo alla percezione della Realtà, del mondo intorno a sé. Sono come un “rumore” nella testa e si riesce a percepire bene la tensione che essi producono nella testa; inoltre si riesce a percepire la differenza tra un pensiero-tensione ed un pensiero-illuminato, in quanto il secondo non produce tensione nella testa.
Lo liberazione dai pensieri è veramente
raggiungibile tramite la pratica di Sahaja Yoga.
Nel momento in cui la nostra energia interiore, chiamata in sanscrito Kundalini – energia che risiede dormiente nel nostro osso sacro – raggiunge il sesto chakra, il nostro cervello è liberato dalle tensioni e quindi dai pensieri.
Possiamo raffigurare questo momento come un cielo che dapprima è tutto nuvoloso e che poi si rasserena quando le nuvole si diradano, e si vedono i raggi di sole oltrepassare la coltre, proprio nello stesso modo in cui la luce della nostra consapevolezza, del nostro Sé, riesce ad affiorare nella mente sgombra.
Scherzosamente, alcuni sahaja yogi hanno rappresentato questa condizioni di bombardamento continuo dei pensieri con una commedia intitolata Friends (amici).
Vi proponiamo un’interessante intervista fatta in Australia al dr Ramesh Manocha presso una TV locale sugli effetti positivi del “silenzio mentale” (in inglese): Benefici del silenzio mentale.