Viveka Chudamani – Il Sommo Gioiello della Discriminazione

Versi 426-445: I segni di una anima realizzata

A causa della costante concentrazione sul Brahman, liberato dal della realtà degli oggetti esterni, solo apparentemente godendo di loro quando offerti dagli altri, come uno che addormentato o come un neonato, percependo il mondo come uno lo vedo in un sogno e riconoscendolo solo ora e allora, una tale persona è invero rara. Una tale persona è colei che gioisce dei frutti dei meriti infiniti ed è veramente considerata benedetta e riverita sulla terra.
Quella persona di ferma saggezza, avendo fuso se stessa in Brahman gioisce della perenne Beatitudine, senza modificazione e liberata da tutte le attività.
Il tipo di attività mentale che ammette solo l’identità del Sé e il Brahman, libero da tutte le limitazioni e privo di dualità, che si occupa solo della pura conoscenza, è chiamato “illuminazione”. Uno che abbia questa stabile illuminazione è conosciuto come una persona di ferma saggezza.
Uno che abbia una ferma saggezza, che faccia esperienza della beatitudine perenne, che abbia dimenticato il mondo fenomenologico, tale persona è considerata un jivan-mukta, uno-liberato-in-vita*.
Uno che abbia fuso se stesso nel Brahman, tuttavia è vigile, ma senza le caratteristiche dell’insonnia, la cui Conoscenza è libera dal desiderio, è considerato uno jivan-mukta.
Uno il cui interesse per il mondo è stato fermato, che abbia un corpo consistente delle parti eppure è senza parti, la cui mente è libera dall’ansietà, egli è considerato uno jivan-mukta.
L’assenza dei concetti dell’IO e del MIO, anche nel suo corpo che persiste come un’ombra —t questo è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Nessun pensiero per i divertimenti del passato, nessun pensiero per il futuro e indifferenza persino per il presente — questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Guardando ovunque con un occhio di uguaglianza, questo mondo crivellato con elementi che posseggono merito e demerito, tipicamente differenti l’uno dall’altro, questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Quando si confronta con cose piacevoli o spiacevoli, rimane imperturbato in entrambi i casi, mantenendo equanimità — questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Costantemente assorbito nell’esperienza della Beatitudine del Brahman, una persona disciplinata (yatin o sanyasi) non conosce svago, senza distinzioni tra dentro e fuori si intrattiene — questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Libero dal senso dell’IO e del MIO con riferimento alle azioni del corpo, gli organi di senso, ecc. e vivendo con spirito di distacco — questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Uno che abbia realizzato che il Sé è Brahman, affermato dalle scritture e libero dalla schiavitù del divenire (trasmigrazione) — questa è l’indicazione di uno jivan-mukta.
Uno che sia libero dal senso dell’IO con riferimento al corpo, agli organi di senso, ecc, o del concetto di QUESTO con riferimento alle altre cose, una tale persona è considerata un jivan-mukta.
Uno che, attraverso la diretta conoscenza, non vede mai nessuna distinzione tra il Sé e il Brahman e tra l’universo e il Brahman, una tale persona è considerata possedere i segni di uno jivan-mukta.
Uno che si senta lo stesso quando il suo corpo è adorato dal virtuoso o torturato dal malvagio, è considerato uno jivan-mukta.
Una persona disciplinata dalla quale gli oggetti tangibili diretti dagli altri sono ricevuti come i fiumi che fluiscono nell’oceano, non producendo alcun cambiamento a causa del suo assorbimento nell’Esistenza Assoluta, è veramente liberato.
Per uno che abbia realizzato l’essenza del Brahman, non c’è più nessun interesse/attrazione per gli oggetti tangibili. Se c’è, allora uno non ha realizzato Brahman, perché i sensi ancora hanno una tendenza estroversa.
Se è asserito che ancora c’è attaccamento per gli oggetti tangibili a causa dello slancio delle passate vasanas (impressioni), la replica è NO. Giacché le vasanas sono indebolite quando c’è la realizzazione dell’unità con Brahman.
Alla presenza della madre, le tendenze di uno che sia persino un incallito malandrino vengono frenate; così anche avviene per chi è realizzato nel Brahman, nella Gioia Assoluta.

* Uno che abbia ottenuto la liberazione durante la sua vita.

Versi 446-464: Il Prarabdha per un santo

Colui che è un esperto in meditazione è ancora visto avere percezioni esteriori. Lo Sruti dice: questo è prarabdha al lavoro. Questo può essere dedotto dagli effettivi risultati visti.
Fino a che c’è esperienza di felicità, ecc, il lavoro del prarabdha* è visto persistere. Ogni risultato è visto avere un’azione precedente; non ci può essere nessun risultato indipendente dall’azione.
“Io sono Brahman”, con questa Realizzazione, le azioni di centinaia di milioni di cicli del mondo vengono ad annullarsi, come le azioni compiute in un sogno al risveglio.
Possono le azioni meritorie o quelle peccaminose che una persona ha immaginato fare in un sogno portare uno in paradiso o in inferno quando si è svegliato?
Essendo distaccato e indifferente come il cielo, uno che sia realizzato non è mai preoccupato minimamente delle azioni ancora da compiere.
Lo spazio, per via del suo contatto con il vaso, non è contaminato dall’odore del liquore in esso. Così anche, il Sé non è influenzato dagli attributi dei condizionamenti (upadhis) per via del contatto con loro.
Le azioni accumulate compiute prima dell’alba della Conoscenza fatte apparire, non vengono distrutte dalla Conoscenza del Sé senza cedere i loro frutti… proprio come una freccia scoccata verso un oggetto.
Pensando di mirare una tigre se una freccia è lanciata, non è che poi si fermi se l’obiettivo risulta invece essere una mucca. Essa lo perforerà con tutta la sua piena forza lo stesso.
Prarabdha è molto potente invero per la persona realizzata e diviene nullo solo attraverso l’esaurimento dei suoi frutti; mentre il Sanchita e Agami sono dissolti nel fuoco della perfetta Conoscenza. Ma nessuno di questi tre influenza coloro che hanno realizzato il Brahman e sempre vive stabilizzato in esso. Essi sono veramente il Brahman Trascendentale.
Per il saggio che è sempre concentrato sul suo Sé come Brahman, Non.duale e libero dalle limitazioni – la questione dell’esistenza del prarabdha è insignificante, proprio come la questione di un uomo che non ha niente a che fare con gli oggetti del sogno nel momento in cui si sveglia.
Colui che si è svegliato dal sonno non ha idea dell’IO e del MIO riguardo al corpo sognato e gli oggetti sognati. Egli rimane sempre sveglio come suo proprio Sé.
Non desidera provare che gli oggetti irreali siano reali, e nemmeno mantiene in vita il mondo dei sogni. Se egli è ancora avvinghiato agli oggetti irreali, non è certamente sveglio dal sonno.
Anche così, il saggio che dimora nella Realtà Eterna nella forma di vero Sé non percepisce null’altro. Proprio come uno rammenta gli oggetti del sogno, il Realizzato ricorda i suo atti quotidiani di mangiare, rilasciare, ecc.
Questo corpo è stato formato dal Prarabdha. Così, riguarda il Prarabdha come appartenente al corpo. Ma non è ragionevole attribuirlo al Sé, giacché il Sé è senza inizio e non è mai stato creato come risultato delle passate azioni.
Il Sé è “innato, eterno e incorruttibile”, tale è l’infallibile dichiarazione dello Sruti. Come può Prarabdha essere attribuito ad uno che dimora nel Sé?
Solo fino a che uno vive identificato con il proprio corpo, può accettare che il Prarabdha esiste. Ma nessuno accetta che un uomo Realizzato non si identifichi mai con il corpo. Quindi, in questo caso, Prarabdha dovrebbe essere abbandonato.
Attribuire Prarabdha anche al corpo è decisamente un’illusione. Come può una sovrapposizione avere una qualche esistenza? Come può l’irreale avere nascita? E come può quello che non è mai nato, morire? Così come può Prarabdha fungere per qualcosa irreale?
Se gli effetti dell’ignoranza sono completamente distrutti dalla Conoscenza, come può il corpo continuare ad esistere? Lo Sruti, da un punto di vista relativo, postula il concetto del Prarabdha per le persone ignoranti che intrattengono tali dubbi. L’idea del Prarabdha è stata esposta dalle Upanishad non per provare la realtà del corpo ecc, per il saggio – perché le Upanishad si impegnano, senza eccezione, per mirare alla Suprema Realtà.

* Le azioni passate hanno cominciato nella presente vita a dare frutto.

Veri 465-471: Non c’è pluralità

Solo Brahman c’è, uno senza un secondo, completo, infinito, senza inizio o fine, Ineffabile e Immutabile; in Esso non c’è alcuna dualità.
L’essenza dell’Esistenza, l’essenza della Conoscenza, l’essenza della Beatitudine Eterna, Non-duale, priva di una qualche attività, è solo il Brahman; uno senza un secondo; in Esso non c’è alcuna dualità.
Il Soggetto dentro tutti, non-duale, omogeneo, senza fine, onnipervadente, c’è solo il Brahman; uno senza un secondo; in Esso non c’è alcuna dualità.
Quello che non deve essere né evitato né preso o accettato, che è non duale e senza supporto; c’è solo il Brahman; uno senza un secondo; in Esso non c’è alcuna dualità.
Senza qualità o parti, Esso è sottile senza confusione e immacolato; c’è solo il Brahman; uno senza un secondo; in Esso non c’è alcuna dualità.
La Reale Natura che è incomprensibile, che è oltre la mente e il parlare e non-duale; c’è solo il Brahman; in Esso non c’è alcuna dualità.
Esistente da sé, evidente da sé, pura intelligenza, diverso da ogni cosa finita, non-duale, c’è solo il Brahman; in Esso non c’è alcuna dualità.

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