Introduzione
Il Viveka Chudamani, letteralmente “Il Sommo Gioiello della Discriminazione”, è forse il più famoso lavoro non-commentario di Adi Shankaracharya che espone la filosofia Vedanta. Avendo scritto pionieristici e monumentali commentari ai tre canonici testi della filosofia indù, i Prasthanatraya, che comprendono Upanishad, Bhagavad Gita and Brahma Sutra, Shankara scrisse anche parecchi testi in semplice sanscrito (trattati filosofici) con l’idea di diffondere il messaggio del Vedanta alle persone comuni.
Il Viveka Chudamani, come suggerisce il nome, è il gioiello della corona di tali testi. Vivek significa letteralmente “discriminazione”, “decisione giusta”. C’è un bellissimo distico in sanscrito riguardo a questo:
Hamsa shvetaha, bakaha shvetaha, ko vedo, hamsa bakayaho; Nirkshir viveketu, hamsa hamsa, baka bakaha
Vuol dire: “La gru ed il cigno sono entrambi bianchi. Cosa li differenzia allora? Se mescolate acqua e latte l’Hamsa (il cigno) berrà solo il latte, può quindi discriminare tra acqua e latte, mentre la bakaha, la gru, non può”. Allo stesso modo noi dovremmo sviluppare la discriminazione di comprendere ciò che è buono per la nostra ascesa e ciò che non lo è. Abbiamo visto nel Corso di Sahaja Yoga che questo potere di discriminazione è caratteristico del sotto-chakra detto propriamente Hamsa chakra, che è un sotto-chakra del Vishuddhi chakra e abbiamo visto come prendersi cura di esso.
Il Vedanta è il più noto sistema di filosofia indiana. Advaita Vedanta è il sistema del Vedanta che indica la natura non-dualistica dell’Essere Assoluto chiamato Brahman, ovvero Dio. Praticamente afferma che Tutto è Dio (Brahman) e che l’obiettivo del ricercatore della Verità è di identificarsi con lo stesso Brahman.
Secondo il Vedanta, il mondo empirico è irreale creato dalla Maya (illusione) o avidya (ignoranza o più precisamente nescienza); fino a che l’essere umano si identificherà con il corpo, la mente, le emozioni, il suo essere sottile anche, allora sarà prigioniero del mondo e della legge del samsara (la trasmigrazione, ovvero il ciclo di nascita-morte-rinascita). Quando l’essere umano riesce a Realizzare l’identificazione con il suo vero, intimo Sé (Atman) allora sarà automaticamente identificato con Brahman, che è della stessa natura del Sé. A quel punto si libererà dalla schiavitù del samsara e vivrà eternamente in Beatitudine; questa liberazione può avvenire anche durante la sua vita terrena.
Shri Mataji ha detto in proposito:
Adi Shankaracharya scrisse il Viveka Chudamani e molti altri trattati, e allora tutti i grandi intellettuali presero ad incalzarlo, chiedendo: “Com’è questo? Com’è quello?”
Egli disse di lasciar perdere questa gente. Poi scrisse il Saundarya Lahari, che è proprio la descrizione di sua Madre e della sua devozione verso di lei. Ed ogni distico che scrisse è un mantra. Non è l’arrendevolezza della mente, attraverso la mente, ma la resa del cuore. Si tratta assolutamente dell’arrendevolezza del cuore.
In pratica, all’epoca, questo trattato, piuttosto rivoluzionario per quei tempi, non fu accolto favorevolmente. I grandi intellettuali sicuramente non dovevano aver visto di buon occhio alcune delle sue affermazioni, come quando Shankara afferma che leggere le sacre scritture è inutile senza aver ottenuto la Realizzazione del Sé.
Questo trattato riporta la conversazione fra un Maestro e il suo discepolo (come l’Ashtavrakra Gita), dove il Maestro guida il discepolo verso la sua Realizzazione del Sé. Il messaggio fondamentale viene ripetuto continuamente, ma ogni verso è un mantra che purifica l’attenzione del lettore e la conduce verso la vera essenza di se stesso.
All’epoca in cui Adi Shankaracharya visse, non era possibile risvegliare la propria Kundalini in modo semplice e spontaneo, come è possibile ora tramite Sahaja Yoga; per cui, nonostante la chiara spiegazione del Maestro, non era così semplice ottenere la Realizzazione del Sé, Atma Shakshatkar. Ma ora, il Risveglio della Kundalini è possibile e questo aiuta il lettore a leggere questo meraviglioso testo con un’attenzione illuminata, permettendogli di focalizzarla sul proprio Sé e andando a rimuovere tutti i dubbi su quale sia la via per la Liberazione.
Il sanscrito è una lingua ricca di termini che permettono di descrivere stati sottili del nostro essere, termini che non esistono in molte altre lingue, come la nostra. Per cui, in certi punti, useremo dei “neologismi” che cercheranno di tradurre similmente queste espressioni, accompagnati da una dovuta spiegazione.
Questa traduzione si rifa alla traduzione in inglese del seguente testo Viveka Chudamani su advaitin, testo corredato della versione originale sanscrita e della sua trascrizione in caratteri romani.
Buona lettura!