Viveka Chudamani – Il Sommo Gioiello della Discriminazione

Versi 330-338: Nell’Uno non c’è pluralità

Uno che completamente si stabilizza nell’unità (kaivalyam), durante la vita, rimane così anche dopo la dissoluzione del corpo. La Yajur-Veda dichiara che c’è paura per uno che vede anche la minima distinzione.
Ogni volta che il saggio riconosce almeno la minima differenza nell’infinito Brahman, all’istante, quello che è percepito come differenza attraverso l’inavvertenza, diviene sorgente di paura per loro
Chi identifica il Sé con gli oggetti percepiti, che sono stati negati da centinaia di Sruti, Smriti e ragionamenti, soffre una miseria dopo l’altra, come un ladro – giacché indugia in qualcosa di proibito.
Uno che sia totalmente stabilizzato nella Verità, ottiene l’eterna gloria del Sé. Ma uno che dimori nell’irreale perisce. Che questo sia così, è illustrato nel caso di uno che non sia un ladro e uno che lo sia.
Il ricercatore spirituale dovrebbe abbandonare il suo soffermarsi sull’irreale, che causa schiavitù, e dovrebbe sempre rimanere saldo ai pensieri fissi sul Sé, pensando “Io sono Questo”. Giacché, la saldezza nel Brahamn, ottenuta attraverso la realizzazione dell’identità con esso, dà origine alla beatitudine e meticolosamente rimuove la miseria nata dalla nescienza*, che uno sperimenta a causa dell’ignoranza.
La costante contemplazione sugli oggetti esterni solo intensificherà i loro frutti nella forma delle propensioni negative, che diverranno da cattive a pessime. Sapendo questo, attraverso la discriminazione, uno dovrebbe lasciare i pensieri degli oggetti esterni e costantemente applicare se stesso alla contemplazione del Sé.
Quando il mondo oggettivo è tagliato fuori, la mente diventa quieta e nella quiete sorge la visione del Supremo Sé. Quando “Quello” è perfettamente realizzato, il legame con il mondo del divenire** è distrutto. Quindi la cessazione del mondo esteriore è il passo iniziale sul cammino della liberazione.
Chi essendo istruito, capace di discriminare tra il Reale e l’irreale, credendo i Veda come autorità, fissando lo sguardo sul Sé, la Suprema Realtà, ed essendo un ricercatore della Liberazione, (come un bambino) correrebbe consapevolmente dietro all’irreale, che sarebbe sicuramente la causa della propria rovina?
Non c’è liberazione per colui che è attaccato al corpo, ecc., e la persona liberata non ha identificazione con il corpo ecc. Uno che stia dormendo non è sveglio, e uno che che sia sveglio non sogna, giacché questi due sono opposti in natura.

* La “nescienza” (avidya) non è ignoranza nel senso generale di mancanza d’informazione riguardo qualcosa. Piuttosto, essa denota una speciale forma di ignoranza, riguardante l’essenziale natura del Sé.
** Bhavabandhana significa “legame con il mondo del divenire”. Abbiamo già visto il termine “bhava” in Bhavasagara, l’Oceano delle Illusioni, che nel sistema sottile è l’area verde attorno al Nabhi Chakra; da cui “bhava” significa illusione, qualcosa di effimero. Mentre “bhandan” è un termine che abbiamo usato con il significato di “arco” (l’arco di protezione che ci diamo dopo aver alzato la Kundalini)

Versi 339-348: Il segreto della crescita Spirituale

Quella persona sola è liberata, che sapendo il Sé come unica Conoscenza, come il substrato di tutto ciò che è mobile e immobile — sia esteriore che interiore — rinuncia a tutte le sovrapposizioni e rimane come Assoluto e Infinito Sé.
Riconoscere l’intero universo essere il Sé è il mezzo per completare la librazione dalla schiavitù. Non c’è niente di più alto che realizzare quello’uno che è il Sé di tutto. Uno realizza questo stato di negazione del mondo percettibile nell’essere continuamente stabilizzato nell’eterno Sé.
Come sarebbe possibile il non-timore del mondo percettibile per uno che rimane identificato con il corpo fisico, la cui mente è attaccata al godimento degli oggetti esterni e che esegue vari atti per tale fine? Questo sarebbe realizzato con cura dal ricercatore della Verità, desideroso di eterna beatitudine, che abbia rinunciato a tutti i tipi di doveri, azioni e oggetti tangibili, e che sia sempre stabilizzato nell’eterno Sé.
Per il rinunciante che abbia ascoltato i discorsi sulle scritture e che abbia coltivato “calma, auto-controllo, ecc.”, lo Sruti prescrive il samadhi (meditazione) per realizzare tutto quello che è Sé (sarvaatmasiddhaye).
Persino il saggio trova impossibile distruggere subito l’ego, una volta che sia diventato forte, eccetto per coloro che siano diventati perfettamente senza dubbi e calmi attraverso la meditazione Invero i desideri* sono gli effetti di innumerevoli nascite.
Il potere di proiezione, attraverso l’aiuto del potere di celare confonde una persona con tempeste di idee egoistiche e la distrae attraverso gli attributi di quella agitazione.
È estremamente difficile conquistare il potere di proiezione, a meno che il potere del celare non venga perfettamente sradicato. E quel coprire il Sé svanisce naturalmente quando il vedente e il visto sono distinti chiaramente, come il latte dall’acqua. Ma la vittoria è indubbiamente completa, e diventa libera da ogni ostacolo, quando non c’è nulla della mente che rimanga incastrato negli oggetti tangibili.
La perfetta discriminazione che sorge dalla diretta realizzazione distingue la vera natura del vedente da ciò che è visto, e spezza i legami dell’illusione causata dalla Maya. Non c’è più trasmigrazione per colui che è liberato da questo.
Il fuoco della conoscenza dell’identità del Sé con il Brahman consuma interamente l’impenetrabile foresta dell’ignoranza. Per uno che abbia realizzato lo stato di non dualità, potrebbe rimanere un qualche ‘seme’ per una futura trasmigrazione?
Il velo che nascone la Verità viene sollevato, invero, quando la Realtà è pienamente sperimentata. Subito segue la distruzione di conoscenza illusoria e la cessazione della miseria portata dalle false proiezioni.

* I Vasana qui specificamente si riferiscono alle impressioni sottili e residuali che sono l’effetto di vite precedenti.

Versi 349-353: Cause ed effetti

Queste tre* sono osservate nella corda quando la sua reale natura è pienamente appresa. Quindi il saggio dovrebbe conoscere la vera natura delle cose per il bene della liberazione dalla schiavitù
Proprio come un pezzo di ferro attraverso il contatto con il fuoco si manifesta come fuoco, l’intelletto manifesta se stesso come il conoscitore e il conosciuto attraverso l’immanenza del Brahman. Questi due (gli effetti dell’intelletto) sono osservati essere irreali come nell’illusione, il sogno e l’immaginazione.
Così anche, le modificazioni della Natura, dall’ego giù fino al corpo grezzo e tutti gli oggetti tangibili, sono anche irreali. Essi sono irreali, invero, perché sono soggetti a cambiare in ogni momento. Ma il Sè non cambia mai.
Il Supremo Sé è eterno, non-duale, unico, indivisibile, pura consapevolezza, il testimone dell’intelletto, ecc, altro dal Reale e l’irreale, indicato dal termine “IO”, il Sé interiore, e l’incarnazione dell’eterna Beatitudine.
Così la persona saggia, discriminando tra Reale e irreale, determinando la Verità tramite l’intuizione della sua conoscenza e realizzando il suo proprio Sé essere indivisibile conoscenza, diviene libero e ottiene la pace da se stesso.

* L’osservatore, cosa è osservato e l’azione di osservare

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